Il PSA rimane il marcatore tumorale della prostata

Un gruppo di ricercatori nordamericani del Fred Hutchinson Cancer Center di Seattle (FHCRC) ha rivisitato tutti i risultati ottenuti da due importanti trial: uno europeo, l’European Randomized Study of Screening for Prostate Cancer (ERSPC), che mostra una importante riduzione della mortalità per cancro della prostata con l’uso del dosaggio ematico del PSA ma documenta di contro un’alta incidenza di sovradiagnosi e un altro studio questa volta statunitense, il The Prostate, Lung, Colorectal, and Ovarian (PLCO), che al contrario non dimostra nessun beneficio, in termini di minor mortalità, in seguito all’uso del test con PSA ematico. 

Le conclusione della elaborazione di tutti i dati ha portato a una conclusione già conosciuta e cioè che le diagnosi precoci, consentite chiaramente dalle valutazioni del PSA nel sangue, hanno effettivamente ridotto in modo significativo il rischio di morte nei maschi che presentavano un tumore alla prostata anche se sembra rimanere sempre aperto il problema, non trascurabile, della sovradiagnosi e quindi dei sovra trattamenti  in uomini che non sarebbero mai deceduti a causa del tumore alla ghiandola prostatica.

E’ sempre quindi a carico della sensibilità ed esperienza dell’urologo dare le giuste interpretazioni.

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